La Naspi (“Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego”) è un aiuto di salvezza per chi perde il lavoro, ma non sempre l’importo ricevuto rimane nelle tasche del beneficiario. In alcuni casi, l’INPS può infatti richiedere la restituzione delle somme erogate. Vediamo quando ciò avviene, quali sono le cause più comuni e come difendersi da richieste indebite.
Motivi per cui l’INPS può chiedere la restituzione della Naspi
L’INPS può reclamare le somme versate nei seguenti casi:
- Pagamenti errati per errori amministrativi: L’INPS può commettere errori nel calcolo dell’importo spettante, determinando un’erogazione superiore al dovuto. Se viene rilevato uno sbaglio nella determinazione della somma, l’ente previdenziale può richiederne la restituzione.
- Nuovo impiego non dichiarato: Uno dei requisiti fondamentali per percepire la Naspi è la disoccupazione involontaria. Se il beneficiario trova un lavoro e non lo comunica tempestivamente all’INPS, l’indennità viene sospesa o revocata. Tuttavia, se il sussidio continua a essere percepito, l’INPS può avviare la procedura di recupero delle somme.
- Dichiarazioni false o omissioni: In caso di dichiarazioni mendaci o omissioni intenzionali finalizzate a ottenere l’indennità in modo illecito, il cittadino può incorrere non solo nella restituzione della Naspi, ma anche in sanzioni penali. L’INPS effettua controlli incrociati per individuare possibili frodi.
Come avviene il recupero delle somme
L’INPS segue una procedura ben definita per il recupero delle somme indebitamente percepite:
- Notifica della richiesta: l’INPS comunica ufficialmente al cittadino l’importo da restituire e le modalità di pagamento.
- Compensazione su altre prestazioni: l’ente può trattenere le somme da altre indennità spettanti, come pensioni o futuri assegni di disoccupazione.
- Rateizzazione: se la somma da restituire è elevata, è possibile richiedere un pagamento dilazionato, previa valutazione dell’INPS.
- Recupero forzoso: in caso di mancato pagamento, l’INPS può ricorrere a strumenti coattivi, come il pignoramento di beni o la segnalazione a Equitalia.
Come contestare una richiesta di rimborso
Se si ritiene che la richiesta di restituzione sia ingiusta, esistono diverse possibilità per opporsi:
- Ricorso amministrativo all’INPS: da presentare entro 90 giorni dalla notifica.
- Prescrizione del credito: la legge prevede un termine di 10 anni per il recupero delle somme, salvo interruzioni della prescrizione.
- Ricorso al tribunale ordinario: se il ricorso amministrativo non viene accolto, è possibile rivolgersi al giudice ordinario per far valere le proprie ragioni.
Per evitare richieste di rimborso, è fondamentale verificare l’importo ricevuto, segnalare tempestivamente ogni variazione della propria situazione lavorativa e conservare la documentazione utile a dimostrare il diritto alla Naspi. In caso di dubbi, consultare un esperto o un patronato può rivelarsi una strategia vincente per tutelare i propri diritti.
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