I precari alla fine dell’anno scolastico: ‘Finché ci sarà un solo docente senza futuro, la scuola non potrà definirsi ‘dell’Istruzione e del Merito’

Precari scuola, mentre si chiudono i registri e le aule si svuotano, resta viva la voce di chi, nella scuola, ha scelto di non essere spettatore ma protagonista del cambiamento. Il bilancio dell’anno scolastico non può limitarsi alle pagelle o ai programmi svolti: è anche e soprattutto il racconto delle battaglie che lo hanno attraversato, spesso lontano dai riflettori, ma profondamente radicate nella coscienza civile ed educativa di chi insegna. 

La scuola oltre i registri chiusi a fine anno: un bilancio di lotte e dignità

Luigi Sofia, docente e attivista, ci accompagna in un bilancio intenso e autentico, scritto con la lucidità di chi conosce il peso della precarietà e la forza della verità. In queste righe non c’è retorica, ma un’urgenza civile: quella di ricordare che educare significa anche lottare per un sistema scolastico più giusto, più stabile, più umano. Perché nessuna lezione è completa se non è attraversata da dignità, coraggio e consapevolezza. Ecco le sue parole.

La voce dei protagonisti: Luigi Sofia e la lotta per una scuola giusta

‘L’anno scolastico che si spegne, come una candela dopo una lunga veglia, non sarebbe stato lo stesso senza le battaglie che hanno dato senso al nostro stare a scuola. Abbiamo insegnato grammatica, storia e geografia, ma anche la dignità. Mi sono tolto soldi in busta paga per manifestare a Roma tutte le volte che è stato necessario.

Abbiamo corretto i compiti, ma anche le ingiustizie. Abbiamo svolto la nostra missione educativa con la voce e con l’esempio. Non ho paura che qualcuno possa dire che sono un docente ideologizzato. Quello che provo a fare dal 2020 è raccontare la verità: cosa significa essere precari nel paese tra i più precari di Europa. Educazione civica è stare dalla parte giusta, anche quando costa. È dire ai nostri studenti che non si può essere liberi se si è precari. Sotto ricatto materiale.

È invece la piena attuazione della nostra Carta Costituzionale che ci potrebbe rendere liberi. E infatti resta ignorata. Abbiamo alzato la voce contro una scuola che esclude, che dimentica, che si regge troppo spesso sulle spalle curve di chi ogni anno riparte da zero. Abbiamo detto no alla compravendita dei sogni, ai concorsi ripetuti, ai titoli che non bastano mai. Abbiamo detto sì alla giustizia, alla stabilità, al riconoscimento delle persone Noi ci siamo stati. Con la penna e con il megafono. Con la pazienza e con la rabbia. Con la cura e con il coraggio. E adesso che si chiudono i registri, resta aperto il cantiere della lotta. Perché finché ci sarà un solo insegnante senza futuro, la scuola non potrà definirsi veramente “dell’istruzione e del merito”’.