
Ogni anno, anche più volte all’anno, il Ministero degli interno con i Comuni stabiliscono i luoghi dove si eserciterà il diritto al voto. Contemporaneamente sanciscono, di fatto, la violazione del diritto allo studio, all’istruzione perché molti di questi luoghi sono identificati nelle scuole.
Il paradosso si esercita nel fatto che migliaia di scuole in tutto il territorio nazionale diventano in parte o totalmente seggi elettorali.
Automaticamente le attività didattiche vengono sospese a causa della chiusura totale o parziale dei locali, che sono utilizzati temporaneamente dall’amministrazione comunale che dovrà restituirli così come gli sono stati consegnati.
Tutti a casa: docenti, collaboratori scolastici, studenti e studentesse.
L’idea di fondo è che a scuola per motivi eccezionali non ci si va (elezioni, brutto tempo, scioperi trasporti, scioperi personale scolastico, assemblee sindacali…)
La cosa interessante è che i motivi eccezionali sono frequenti e se calcoliamo quanti giorni i nostri ragazzi non vanno a scuola in un anno nel loro percorso scolastico, beh scopriamo che le eccezioni sono frequenti.
Lo sanno bene i genitori che in queste occasioni sono chiamati a compiere rocambolesche acrobazie per non lasciare abbandonati “i minori”.
Da anni a Trento, insieme agli altri istituti comprensivi coinvolti, proviamo, durante le numerose occasioni di voto, a contrattare con il comune qualche ora in più di apertura, se non addirittura il regolare svolgimento delle lezioni dove le scuole sono occupate in parte dai seggi. Da anni si chiede, ogni volta che si vota, perché mai vengano individuate le scuole e ci viene risposto che è la questura (il ministero degli interni) che valuta l’idoneità dei locali e le scuole sembrano essere “quelle più adatte”.
Ora, tutti noi siamo andati a votare: e che differenza ci sarà tra un’aula scolastica e un ufficio del comune, o della provincia o della regione, un qualsiasi altro edificio pubblico dove già dal venerdì generalmente tutti i dipendenti sono a casa?
Non ci è dato a sapere, ma per anni abbiamo continuato a rifletterci e a non accettare che una scelta che sicuramente andava bene cinquant’anni fa oggi è anacronistica, inutile, anzi contraria all’esercizio del diritto all’istruzione per gli studenti e le studentesse e, perché no, del diritto al lavoro per i genitori.
Dobbiamo disquisire quale diritto prevale sull’altro attivando un dibattito di nessun valore? Possiamo semplicemente pensare che il tempo, il progresso, l’esercizio della democrazia e la nostra Costituzione possono essere applicate migliorando le condizioni di tutti e risolvendo i problemi a beneficio di ciascuno e non perpetuando azioni solo perché “si è sempre fatto così”?
A Trento quest’anno ci siamo in parte riusciti e ne siamo molto orgogliosi. Grazie al confronto e alla collaborazione realizzatasi con il comune e la questura siamo riusciti per le amministrative e adesso per il referendum, a tenere aperte le scuole primarie Crispi e Sanzio, che in parte questo fine settimana saranno occupate dai seggi mentre negli altri spazi si terranno le regolari lezioni scolastiche. Una convivenza possibile, anzi direi educativa. Pensate i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze, lunedì vedranno che nella loro scuola gli adulti vanno a votare, faranno domande e le insegnanti spiegheranno loro che cosa sta accadendo e che cos’è il voto (non cosa si vota), il valore di esprimerlo e la potenza che esso ha per la democrazia.
Sia mai che si riesca ad attivare in loro, e anche in noi adulti, l’importanza di “agire” sempre, coniugandoli, diritti fondamentali quali il voto e l’istruzione.
*Dirigente scolastica Istituto Comprensivo Trento 5
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