L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha lanciato un chiaro messaggio al nostro Paese: serve aumentare l’età pensionabile e trattenere più a lungo i lavoratori nel mercato del lavoro, per contrastare gli effetti dell’invecchiamento demografico e garantire la sostenibilità economica futura. Lo riporta Italia Oggi.
Invecchiamento della popolazione e squilibri demografici
Dal nuovo rapporto OCSE emergono dati allarmanti: entro il 2060 la popolazione in età lavorativa in Italia subirà una contrazione del 34%. Questo squilibrio comporterà un drastico peggioramento del rapporto tra lavoratori attivi e anziani a carico:
Anno | Anziani a carico per ogni persona in età lavorativa |
---|---|
2023 | 0,41 |
2060 | 0,76 |
Questo significa che nel 2060 ogni 1,3 lavoratori dovrà sostenere economicamente un pensionato, un cambiamento che rischia di compromettere la tenuta del sistema previdenziale e il livello di benessere sociale complessivo.
Lavorare più a lungo: cosa propone l’OCSE
L’OCSE invita il governo italiano a introdurre misure che favoriscano la permanenza nel mondo del lavoro oltre l’età attuale di pensionamento, sottolineando come ciò potrebbe produrre benefici sia per l’economia che per le imprese:
- Maggiore produttività grazie al mantenimento delle competenze e dell’esperienza dei lavoratori anziani.
- Riduzione della pressione fiscale e previdenziale legata all’invecchiamento.
- Valorizzazione del capitale umano senior attraverso programmi di aggiornamento e formazione continua.
Per raggiungere questo obiettivo, servono politiche attive del lavoro e interventi:
- Incentivi al pensionamento flessibile, che permettano di cumulare pensione e reddito da lavoro.
- Promozione dell’apprendimento permanente, con corsi di aggiornamento e riqualificazione.
- Ambienti di lavoro più sicuri e inclusivi, anche per chi si avvicina ai 70 anni.
- Interventi per migliorare l’alfabetizzazione digitale e le competenze trasversali nella fascia 60-65 anni.
Occupazione e disoccupazione: segnali contrastanti
Nonostante i dati sull’occupazione siano positivi in termini assoluti, l’Italia resta ancora indietro rispetto alla media OCSE:
Indicatore | Italia (mag 2025) | Media OCSE |
---|---|---|
Tasso di disoccupazione | 6,5% | 4,9% |
Si rileva una tendenza positiva rispetto agli anni passati:
- -0,1% rispetto a maggio 2024
- -3,1% rispetto al periodo pre-Covid
Tuttavia, questi numeri non devono far abbassare la guardia, perché il rapporto tra occupati e popolazione complessiva sta diminuendo e l’andamento demografico lascia presagire ulteriori difficoltà nel lungo periodo.
Salari reali in calo: il nodo della competitività
Un altro elemento critico è rappresentato dal crollo dei salari reali, cioè del potere d’acquisto effettivo dei lavoratori italiani. Secondo l’OCSE, i salari reali in Italia all’inizio del 2025 risultano inferiori del 7,5% rispetto all’inizio del 2021. Nessun’altra grande economia OCSE ha registrato un calo così marcato. Questo fenomeno è riconducibile a:
- Una debole dinamica salariale strutturale, non compensata dall’inflazione.
- Una produttività stagnante, che incide sulla crescita dei salari.
- La prevalenza di contratti precari e part-time involontari, che limita l’incremento dei redditi.
Prospettive 2025-2026: stabilità apparente, ma riforme urgenti
Nonostante un quadro macroeconomico moderatamente positivo, l’OCSE invita a non sottovalutare le sfide che ci attendono:
Anno | Crescita occupazione prevista |
---|---|
2025 | +1,1% |
2026 | +0,6% |
Senza un intervento deciso sul fronte pensionistico, salariale e formativo, questi progressi rischiano di non essere sufficienti per garantire equità intergenerazionale e sostenibilità del sistema Paese.
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