Nell’anno scolastico 2023-24 il numero dei docenti risultava in tutto di 962.706 unità, di cui 730.234 con contratto a tempo indeterminato e 232.472 con contratto a tempo determinato. Tra i primi, 631.480 docenti su posti comuni e 98.754 (14%)su sostegno. Tra i docenti con contratto a tempo determinato, i supplenti, 96.092 erano stati nominati su posti comuni e 136.380 (59%)su posti di sostegno. Per i supplenti si potrebbe anche fornire il numero di quelli con contratto annuale e quelli con contratto a termine fino al 30 giugno. Si potrebbe anche fornire altri dati di docenti di quell’anno riferiti alle province o alle regioni, con cattedra completa o con spezzone di cattedra. Tutti numeri che possono servire per confronti, tendenze, previsioni di assestamento del sistema e considerazioni sul precariato. Numeri da considerare a disposizione dei decisori politici e dei sindacati per definire linee di intervento per il miglioramento del sistema scolastico. Numeri importanti, dunque, ma sempre numeri. Numeri, numeri, numeri… È bene ricordare, però, che ognuno di quei numeri corrisponde a una persona in carne ossa, con i suoi impegni di lavoro, le sue aspettative, le soddisfazioni o le insoddisfazioni per il suo lavoro.
Una persona che anche in queste ore è a scuola, si rapporta con gli alunni della classe, con i colleghi, con il dirigente. Chi c’è dietro a quei numeri? A cercare di dare un volto a quei docenti e alla loro quotidianità di vita, ad entrare nell’intimo del loro vissuto di professionisti dell’insegnamento, lo ha fatto una indagine approfondita condotta nella primavera scorsa da Cisl Scuola e Tuttoscuola con il supporto tecnico della Fondazione Ezio Tarantelli. Un articolato questionario, predisposto per tempo e inviato a migliaia di docenti, ha raccolto anonimamente un’infinità di dati, rielaborati con scientificità statistica per dar vita ad un report finale che ha esplorato nel profondo l’essere insegnante oggi. Hanno risposto quasi in 10mila. Il questionario ha previsto risposte chiuse in pochi casi, risposte frequenti con opzioni multiple e anche risposte aperte. Nel loro insieme i dati registrati nella loro oggettività si possono considerare lo specchio attendibile della scuola di oggi.
Il report finale di questa inchiesta è stato strutturato in sei contenuti di approfondimento:
1. Soddisfazione, riconoscimento e vissuto professionale: identità forte ma messa alla prova da ostacoli sistemici;
2. qualità delle relazioni: le relazioni come leva del benessere lavorativo;
3. Elementi organizzativi: riconoscimento, comunità professionale e bisogno di senso;
4. percorsi personali e motivazioni alla professione docente: vocazione e percorso non lineare verso l’insegnamento;
5. didattica e tecnologie digitali: fra opportunità e incertezza;
6. profilo sociodemografico: invecchiamento del corpo docente e femminilizzazione strutturale.
Tutti i sei approfondimenti contengono dati interessanti che restituiscono un articolato profilo dell’insegnante di oggi, reso visibile da grafici “parlanti”. Alcuni dati sono sorprendenti e forse imprevisti e ci inducono a procedere non seguendo l’ordine degli approfondimenti per dare maggior risalto a queste novità impreviste. Il 74,14% dei rispondenti ha tra i 45 e i 64 anni, solo 1,8% ha meno di 29 anni. Marcata prevalenza femminile stabile e trasversale in tutte le fasce di età.
Il report oggi è online e consultabile gratuitamente qui su Tuttoscuola e sul sito della Cisl Scuola. Di seguito i punti salienti della ricerca:
Identità della professione docente e motivazioni
La professione insegnante in Italia rimane fortemente guidata da motivazioni intrinseche, come convinzione, passione e desiderio di contribuire alla crescita degli studenti. In tutte le fasce d’età e in tutti i territori, oltre il 70% degli insegnanti indica queste ragioni come motore della propria scelta. Allo stesso tempo, la categoria è segnata da un forte invecchiamento, con solo l’1,8% dei docenti nato dopo il 1996 e oltre il 60% con più di cinquant’anni. Inoltre, molti insegnanti arrivano alla scuola dopo altre esperienze professionali, e benché 4 su 5 si dichiarino soddisfatti del proprio lavoro, quasi uno su due si dice deluso rispetto alle aspettative iniziali.
Criticità percepite e condizioni di lavoro
Ciò che pesa maggiormente sulla qualità della vita professionale non è il cuore pedagogico dell’insegnare, bensì la stratificazione di vincoli esterni: burocrazia, scarse prospettive di carriera, retribuzioni basse e riconoscimento sociale insufficiente. Gli insegnanti chiedono con forza: riduzione del carico burocratico (37%), meccanismi di sviluppo professionale con ricadute retributive (41%), ambienti di lavoro adeguati e più formazione. Il benessere professionale viene fortemente legato alla qualità delle relazioni con studenti, famiglie e colleghi; la relazione educativa è percepita come il centro più significativo e soddisfacente del mestiere.
Retribuzione e riconoscimento professionale
Il tema economico emerge come centrale: gli insegnanti italiani hanno stipendi inferiori alla media dei lavoratori con titolo terziario e tra i più bassi in Europa, con conseguenze sull’attrattività della professione. Tuttavia, non chiedono semplicemente aumenti generici: la maggioranza ritiene che il riconoscimento economico debba riflettere qualità dell’insegnamento, responsabilità e competenze, non automatismi o criteri competitivi. Si delinea una richiesta di valorizzazione simbolica e professionale, più che di premi individuali, in linea con i sistemi scolastici considerati più efficaci a livello europeo.
Tecnologia e intelligenza artificiale: apertura prudente
La scuola italiana guarda alle tecnologie digitali e all’IA con realismo e cautela. Pur riconoscendo il potenziale integrativo degli strumenti digitali, molti docenti temono impatti sulla qualità delle relazioni educative. Una parte importante (34,1%) risponde “forse” alla possibilità di utilizzare l’IA, segnalando che l’apertura è condizionata alla presenza di garanzie professionali, infrastrutturali e formative adeguate. La vera questione, sottolinea la ricerca, non è se introdurre la tecnologia, ma come governarne l’uso affinché diventi un arricchimento e non un fattore di fragilità educativa.
Abbiamo raccontato la ricerca all’interno del numero 655 di Tuttoscuola.
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