Spesso si pensa al lavoro del docente come a una professione senza misteri: il tempo in classe, forse qualche ora di preparazione e poco altro. La realtà, però, è ben diversa. Dietro le 18–22 ore settimanali trascorse davanti agli studenti, si nasconde una mole silenziosa di impegno non conteggiato né retribuito: si parla di lavoro sommerso, materia del contenzioso contrattuale spesso ignorata dai riflettori.
Ore non riconosciute: dall’Alto Adige all’Italia intera
Uno studio recente stima che i docenti lavorano in media 36 ore a settimana su 45 settimane. Solo 18 di queste sono in aula: le restanti coprono la preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti, le riunioni, e altri adempimenti. Analoghe risultanze emergono da un’indagine dell’Osservatorio dei Conti Pubblici: anche la metà del lavoro settimanale (intorno a 18 ore) è destinata ad attività “fuori cattedra”.
Impatto sulla qualità e sul benessere: stress, burnout e demotivazione
Il lavoro extra-orario ha conseguenze concrete sulla salute mentale dei docenti: aumento di stress, ansia e burnout sono ampiamente documentati. Reddito insufficiente e precariato acuiscono il disagio: molti insegnanti lamentano una fatica che grava sulla qualità dell’insegnamento e sulla salute personale
Retribuzione e valorizzazione: richieste e proposte
Secondo sindacati come FLC-Cgil, Flc Trentino e Gilda, il lavoro sommerso deve essere riconosciuto e remunerato attraverso un aumento degli stipendi e aggiornamento contrattuale. Un’idea concreta mai tradotta in reale incremento salariale.
Disparità e abuso del sistema: il precariato come amplificatore
La precarietà amplifica il lavoro sommerso: docenti senza graduatorie, assunti gratuitamente nelle scuole paritarie, accettano incarichi a titolo volontario solo per accumulare punteggio. Un abuso segnalato anche dalla Commissione UE, che ha aperto una procedura d’infrazione: i docenti precari non ottengono i diritti economici e normativi dei colleghi di ruolo.
Qualche testimonianza: la scuola raccontata da dentro
Nei gruppi su Reddit emergono storie emblematiche: “… contano centinaia di docenti che lavorano gratis pur di ottenere punti per le graduatorie”. “… burnout tra i docenti […] carico di lavoro eccessivo, pressione, mancanza di supporto”. Questi spunti restituiscono il vissuto quotidiano, fatto di fatica, frustrazione e sacrifici economici.
Prospettive future e vie di riforma
Per cambiare rotta servono scelte politiche decise:
- Rinnovo del contratto: includere voci salariali specifiche per il lavoro sommerso.
- Fabbisogno strutturale: ridurre il carico burocratico, aumentare l’organico, stabilizzare i precari.
- Tutela della salute mentale: promuovere interventi contro il burnout, reti di supporto e carichi di lavoro sostenibili.
Il lavoro sommerso dei docenti è un fenomeno strutturale, ben oltre l’immagine rassicurante del lavoro part-time. Riconoscerlo non significa solo dover retribuire ore in più, ma ridefinire dignità, equità e sostenibilità di una professione vitale per la società. Perché in un tempo in cui formazione e sviluppo sono centrali, ignorare questa emergenza significa ridurre la qualità dell’istruzione e danneggiare chi la sostiene ogni giorno con scarsa tutela.
Visita le nostre selezioni formative per la scuola: Visita il sito