Negli ultimi anni migliaia di docenti e personale ATA hanno sollevato una questione rimasta irrisolta: l’impossibilità di accedere alla mobilità intercompartimentale, ovvero di trasferirsi in altri comparti della Pubblica Amministrazione. Una situazione unica nel panorama del pubblico impiego, che il Gruppo Mobilità intercompartimentale docenti intende cambiare, appellandosi al rispetto dell’articolo 3 della Costituzione.
Perché la mobilità è bloccata solo per la scuola
A oggi, insegnanti e personale scolastico sono gli unici dipendenti pubblici esclusi dal diritto di trasferirsi verso altre amministrazioni dello Stato. Questa limitazione trae origine da due riferimenti normativi:
- Legge 311/2004, che bloccava il turnover verso altre amministrazioni;
- Legge 107/2015, che prevede la mobilità solo per personale in comando, distacco o fuori ruolo, ma rimanda a una norma ormai abrogata.
Nel frattempo, però, dal 2018 il blocco del turnover è stato superato grazie a migliaia di nuovi bandi nella PA. Di conseguenza, le ragioni originarie del divieto non sono più valide.
Condizioni di lavoro insostenibili e rischio di innalzamento pensionabile
Il lavoro nella scuola è diventato sempre più complesso. I docenti affrontano giornate lavorative intense, divise tra lezioni e incombenze burocratiche, spesso in un contesto di scarso riconoscimento sociale. A ciò si aggiungono le responsabilità civili e penali nei confronti degli studenti minorenni e un confronto spesso difficile con le famiglie.
In questo scenario, l’ipotesi di aumento dell’età pensionabile è giudicata insostenibile. Come sottolineato anche dagli studi del dottor Vittorio Lodolo D’Oria, quella dei docenti è l’unica categoria a relazionarsi quotidianamente con decine di persone, per ore, per decenni. Una situazione logorante sotto il profilo psico-fisico.
Il PNRR prevede la mobilità: perché escludere i docenti?
Il gruppo promotore contesta inoltre il ritiro degli emendamenti 2.0.8 e 2.0.9, ispirati da Anief e sostenuti da vari senatori, che miravano a rimuovere gli ostacoli normativi. Il ritiro è in aperto contrasto con quanto previsto dal PNRR, che al punto 98 promuove interventi per favorire la mobilità tra comparti della PA. Infatti, il Piano afferma:“Saranno adottate misure legislative puntuali volte a rimuovere alcuni impedimenti normativi all’apertura della mobilità dei dipendenti pubblici tra amministrazioni […]”.
Il testo non esclude il personale scolastico, che dovrebbe dunque rientrare a pieno titolo nelle politiche di riforma.
Le richieste avanzate alla Funzione Pubblica
Alla luce di tutto ciò, il gruppo – che oggi conta oltre 4.780 docenti aderenti – ha formalmente chiesto alla Funzione Pubblica:
- di attivare un confronto con il MIM per sbloccare la mobilità verso altri comparti della PA;
- di consentire al personale scolastico di ricoprire ruoli negli uffici ministeriali, in presenza di carenze d’organico, senza necessità di nuovi concorsi;
- di ricevere una delegazione del gruppo per discutere direttamente le proposte.
Le richieste sono presentate come un’azione necessaria per riequilibrare i diritti nel pubblico impiego e fornire un’alternativa concreta a chi, dopo anni nella scuola, cerca nuove prospettive professionali senza abbandonare la Pubblica Amministrazione. IL COMUNICATO
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